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domenica 15 maggio 2011

20 maggio 2011 il sogno di Diego si avvera



Tutti gli amici sono invitati, senza eccezzione alcuna, sabato 20 maggio, ore 9, chiesa della parrocchia di Bauleni, Lusaka, Zambia. Diego diventerà "Fratel Diego", missionario comboniano.
Il suo sogno diventa realtà dopo più di un anno e mezzo di noviziato.
Chi non potrà essere presente fisicamente ci sia con il proprio cuore e il proprio affetto.

lunedì 22 marzo 2010

Buona Pasqua da Gigo


lettera dallo Zambia di Diego Cassinelli (Gigo)

(novizio Comboniano e amico caro di CattiviRagazzi)


Avrei tante cose da condividere, tante storie da raccontare, tanti volti da dipingere, ma preferisco sostare per un attimo e dare spazio ad una riflessione che riguarda il tempo che stiamo vivendo, un tempo “altro”: la quaresima. Cosa vuol dire vivere la quaresima qui nella township di Bauleni?

È proprio vero che le cose prendono un significato diverso a seconda della latitudine in cui ci si trova a vivere.

È la quarta settimana di quaresima e dopo aver iniziato con un passo europeo mi sto accorgendo che la musica qui è un’altra e sto ballando da solo, perché il ritmo è diverso. Forse, come per il senso dell’avvento, anche qui sono chiamato ad andare all’essenziale. Che cosa succede veramente in questi quaranta giorni di deserto? Come mi devo comportare, come sono chiamato a viverli? Ciò che ha un senso in Italia, qui forse ne ha un po’ meno e altre dinamiche e contenuti prendono valore e priorità. Certo non ci si può fermare ai fioretti, che il più delle volte vanno a toccare solo il nostro superfluo. Per moltissime persone qui il superfluo non c’è mai e ogni tanto, diciamo raramente, hanno il necessario. Come si fa a parlare di digiuno con gente che digiuna tutto l’anno? Moltissimi uomini e donne sieropositivi, si autodistruggono con gli anti retro virali, (terapia per chi ha l’Aids) proprio perché non hanno una corretta alimentazione. Siamo alla periferia della capitale, e i supermercati sono pieni di tutto, il cibo non manca, ma i prezzi sono altissimi e la gente delle township tira a campare come può. Se non ho la possibilità di saltare il superfluo perché non ho nemmeno il necessario, cosa differenzia questo tempo da un altro? Ma che cosa è la quaresima? Cominciamo con un numero; quaranta. Si dice che Gesù sia stato 40 giorni nel deserto, non prendendo né acqua né cibo. Il numero è esagerato, nessun uomo può sopravvivere tutto quel tempo senza mangiare e bere. Va bene che era Dio ma, se ha scelto di essere uomo credo che si sia preso questo impegno fino alla fine, compreso le fatiche di un corpo da uomo. Quaranta è un numero simbolico, e non un lasso di tempo reale e ricorda i quaranta anni del popolo d’Israele nel deserto, che dalla condizione di schiavitù, andava incontro alla terra promessa, alla libertà. Un popolo intero si era messo in cammino, uomini, donne bambini, anziani tra mille difficoltà, tra momenti di sconforto, di tradimenti, di fame e di pianti. Il fatto è che, a quel tempo, la prospettiva di vita non era lunghissima; solo di 35, 36 anni. Questo vuol dire che nessuno di quelli che sono partiti ha visto ed è entrato nella terra promessa. Sono morti tutti prima di raggiungere il loro sogno. Trentasei anni, di vita da vivere, quaranta anni di cammino nel deserto! Il calcolo non lascia dubbi. Il popolo che ha trovato liberazione non è il popolo che è partito dall’Egitto. Non è più lo stesso popolo, è un popolo nuovo, sono i figli e nipoti nati durante il viaggio verso la libertà. Dopo tutti questi anni si ha una creatura nuova, l’uomo nuovo chiamato a costruire e ad abitare una terra nuova. Alla luce di questa interpretazione si può dire che questi quaranta giorni di quaresima sono il tempo simbolico per prenderci in mano ancora una volta, per tentare di riavvicinarsi a noi stessi, al sogno di Dio, e tentare di costruire percorsi che siano veramente capaci di “rigenerarci”, ovvero, di nascere ancora, perché alla fine di questo cammino, possiamo sentirci creatura nuova, donne e uomini nuovi. Ciò che inizia il cammino è chiamato a lasciar spazio a una nuova vita, ad un nuovo essere. Guardando la gente di Bauleni, il loro stile di vita, la loro difficile quotidianità, penso che questo momento si può vivere anche in modo diverso, quello che conta è tentare di attraversare il deserto e il silenzio con la speranza di uscirne nuovi. La vera rinuncia è quella di sottrarre tempo al solito “tran tran” per fare respirare la mente. Pensare, pregare e meditare, allontanarsi dal mondo vuoto, o almeno tentare di farlo. Davvero; diamoci del tempo, regaliamoci aria e spazio per far vivere semplicemente ciò che siamo. Fare digiuno da tutte le idée, gli stereotipi, i luoghi comuni e i pensieri che ci mettono nel piatto come cibo tiepido e precotto. Essere critici davanti a fatti e avvenimenti, e rinunciare a seguire la tendenza dominante, quella comune, quella più facile. Questa è la rinuncia, questo è il digiuno, questo è lo sforzo. Solamente usando criticamente la nostra mente potremmo diventare creatura nuova e dopo i quaranta giorni attende la resurrezione dell’uomo nuovo. Anche il Falegname di Nazareth è uscito dai suoi “quaranta giorni” di deserto pronto a dare la vita per un mondo nuovo di giustizia e pace … è uscito nuovo, è uscito Dio. Prendiamoci del tempo per pensare, basta aprire il Vangelo, leggere, meditare e gustare la sana rivoluzione, quella di una notizia nuova,

Ma attenzione, anche qui, al pericolo di cibi precotti, il rischio di accontentarsi del già sentito è sempre dietro l’angolo.

Per questa Pasqua auguriamoci di avere il coraggio di credere alle cose nuove … di essere creatura, attenta, pensante, critica, viva … creatura nuova.

Buona Pasqua

giovedì 4 febbraio 2010

messaggio di Diego (Gigo)



Il bello e la forza di vivere


Faceva caldo quel sabato, e il sole picchiava sui tetti di lamiera del compound, tanto da farli scricchiolare come scricchiola il metallo della marmitta di una macchina appena parcheggiata. Erano le quattro del pomeriggio, e la, sotto la veranda di una panetteria chiusa per lavori, c’era Elvis sulla sua sedia a rotelle verde, dove lo smalto della vernice aveva generosamente lasciato ampi spazi alla ruggine. Con lui c’era il suo fidato amico Martin, un ragazzone di struttura robusta, segno di un uomo abituato alla fatica. Il suo sorriso, semplice quanto spietato, rivela immediatamente che dietro il corpo da uomo c’è un cuore e un pensiero da bambino. Non so sinceramente quale sia il suo problema, ma sta di fatto che Martin ha delle difficoltà a livello mentale. Io non sapevo vivessero assieme, e nemmeno potevo immaginarlo, sino al momento in cui Elvis mi invitò a visitare la loro casa. Martin spingeva la carrozzina, sudato e con il suo immancabile sorriso, mentre Elvis tentava di spiegarmi, tra una buca e l’atra, dove fosse la sua casa, forse anche per rassicurarmi sul fatto che non avrei dovuto camminare molto sotto quel sole. Una volta arrivati davanti alla porta di legno, Martin cominciò a trafficare frettolosamente per togliere il lucchetto che unisce la porta al muro tramite un grosso anello di ferro. Elvis entrò per primo, seguito da Martin che lo spingeva, e poi tentai anch’io di entrare, ma non c’era più spazio e solo dopo qualche manovra riuscimmo ad incastrarci in modo che tutti avessero un posto per sedersi. Dentro c’era un letto solo che occupava tutta la lunghezza della casa. L’unica parte libera del letto in cui salire e scendere era sfondata e cadeva leggermente verso il basso. In un angolo c’era un’altra sedia a rotelle, quella di scorta, sommersa da oggetti di uso quotidiano, come secchi, pentole di alluminio, catini di plastica blu, piatti di metallo smaltato e altro ancora. Io ero seduto su un piccolo sgabello di legno e pelle di capra, con la porta d’ingresso che mi poggiava sulla spalla destra, e in questo modo riuscivo anche a tenerla aperta, visto che faceva molto caldo dentro la casa. Martin invece era seduto sul letto e Elvis sulla sua sedia a rotelle contro il muro, proprio sotto un calendario del 2007 con una pubblicità di un’associazione locale. Elvis sembrava felicissimo di mostrarmi la sua casa, il suo “kingdom” o regno, e mentre parlava mi guardava soddisfatto, con quegli occhi profondi e allo stesso tempo stanchi. Nei momenti di silenzio mi chiedevo come potessero due persone con i loro limiti vivere assieme, in quelle condizioni, in un posto come Bauleni! Elvis parlava e nel frattempo pensavo al fatto che la costruzione in cui noi teniamo gli attrezzi per lavorare la terra, è molto più grossa e areata della loro casa. Nel buio di quel tugurio, brillava la loro capacità di essere comunità, di mettersi assieme per potercela fare nonostante le loro difficoltà e i loro impedimenti. Paradossalmente quell’addizione di limiti e fragilità da un risultato sorprendente, ovvero; la forza di vivere. Mentre camminavo per le viette della township, tornando a casa, riflettevo sul senso e sull’importanza della comunità e del fare comunità. Non è facile stare assieme, necessita di compromessi, mediazioni e comprensione. Non è facile convivere, mettere insieme le differenze e far tacere l’egoismo per lasciare spazio all’altro nella sua totalità, con i suoi limiti ma anche con i suoi pregi. Tuttavia è uno sforzo necessario perché soli non bastiamo, non ce la facciamo. Chi promuove l’individualismo e l’autosufficienza estrema, vende illusioni, e a chi segue questo modello purtroppo molto comune in Europa, la vita, prima o dopo presenta il conto e il prezzo da pagare è la solitudine con le sue conseguenze. Elvis e Martin fanno riflettere. Il loro stile di vita, il loro modo di andare avanti e di aiutarsi insegnano a porre maggiormente l’attenzione su quel principio tanto caro al Ragazzo di Nazareth, che è quello della solidarietà, dell’aiuto reciproco, del creare toni di civiltà e di comunità, perché è in questo modo che ci si salva dall’inferno in terra e si risorge come donne e uomini nuovi già in questa vita, perché è dalla comunità che nasce il bello e la forza di vivere. Grazie Elvis, grazie Martin.

Diego (Gigo)


(Diego è un caro amico, con lui abbiamo lavorato sulle strade di Milano, è un frate Comboniano, ora è in Zambia dove stà facendo il noviziato per diventare missionario, noi laici, lui credente, ma un grande affetto ci unisce, certe volte la sua fede fa riflettere e aiuta )