giovedì 4 febbraio 2010

messaggio di Diego (Gigo)



Il bello e la forza di vivere


Faceva caldo quel sabato, e il sole picchiava sui tetti di lamiera del compound, tanto da farli scricchiolare come scricchiola il metallo della marmitta di una macchina appena parcheggiata. Erano le quattro del pomeriggio, e la, sotto la veranda di una panetteria chiusa per lavori, c’era Elvis sulla sua sedia a rotelle verde, dove lo smalto della vernice aveva generosamente lasciato ampi spazi alla ruggine. Con lui c’era il suo fidato amico Martin, un ragazzone di struttura robusta, segno di un uomo abituato alla fatica. Il suo sorriso, semplice quanto spietato, rivela immediatamente che dietro il corpo da uomo c’è un cuore e un pensiero da bambino. Non so sinceramente quale sia il suo problema, ma sta di fatto che Martin ha delle difficoltà a livello mentale. Io non sapevo vivessero assieme, e nemmeno potevo immaginarlo, sino al momento in cui Elvis mi invitò a visitare la loro casa. Martin spingeva la carrozzina, sudato e con il suo immancabile sorriso, mentre Elvis tentava di spiegarmi, tra una buca e l’atra, dove fosse la sua casa, forse anche per rassicurarmi sul fatto che non avrei dovuto camminare molto sotto quel sole. Una volta arrivati davanti alla porta di legno, Martin cominciò a trafficare frettolosamente per togliere il lucchetto che unisce la porta al muro tramite un grosso anello di ferro. Elvis entrò per primo, seguito da Martin che lo spingeva, e poi tentai anch’io di entrare, ma non c’era più spazio e solo dopo qualche manovra riuscimmo ad incastrarci in modo che tutti avessero un posto per sedersi. Dentro c’era un letto solo che occupava tutta la lunghezza della casa. L’unica parte libera del letto in cui salire e scendere era sfondata e cadeva leggermente verso il basso. In un angolo c’era un’altra sedia a rotelle, quella di scorta, sommersa da oggetti di uso quotidiano, come secchi, pentole di alluminio, catini di plastica blu, piatti di metallo smaltato e altro ancora. Io ero seduto su un piccolo sgabello di legno e pelle di capra, con la porta d’ingresso che mi poggiava sulla spalla destra, e in questo modo riuscivo anche a tenerla aperta, visto che faceva molto caldo dentro la casa. Martin invece era seduto sul letto e Elvis sulla sua sedia a rotelle contro il muro, proprio sotto un calendario del 2007 con una pubblicità di un’associazione locale. Elvis sembrava felicissimo di mostrarmi la sua casa, il suo “kingdom” o regno, e mentre parlava mi guardava soddisfatto, con quegli occhi profondi e allo stesso tempo stanchi. Nei momenti di silenzio mi chiedevo come potessero due persone con i loro limiti vivere assieme, in quelle condizioni, in un posto come Bauleni! Elvis parlava e nel frattempo pensavo al fatto che la costruzione in cui noi teniamo gli attrezzi per lavorare la terra, è molto più grossa e areata della loro casa. Nel buio di quel tugurio, brillava la loro capacità di essere comunità, di mettersi assieme per potercela fare nonostante le loro difficoltà e i loro impedimenti. Paradossalmente quell’addizione di limiti e fragilità da un risultato sorprendente, ovvero; la forza di vivere. Mentre camminavo per le viette della township, tornando a casa, riflettevo sul senso e sull’importanza della comunità e del fare comunità. Non è facile stare assieme, necessita di compromessi, mediazioni e comprensione. Non è facile convivere, mettere insieme le differenze e far tacere l’egoismo per lasciare spazio all’altro nella sua totalità, con i suoi limiti ma anche con i suoi pregi. Tuttavia è uno sforzo necessario perché soli non bastiamo, non ce la facciamo. Chi promuove l’individualismo e l’autosufficienza estrema, vende illusioni, e a chi segue questo modello purtroppo molto comune in Europa, la vita, prima o dopo presenta il conto e il prezzo da pagare è la solitudine con le sue conseguenze. Elvis e Martin fanno riflettere. Il loro stile di vita, il loro modo di andare avanti e di aiutarsi insegnano a porre maggiormente l’attenzione su quel principio tanto caro al Ragazzo di Nazareth, che è quello della solidarietà, dell’aiuto reciproco, del creare toni di civiltà e di comunità, perché è in questo modo che ci si salva dall’inferno in terra e si risorge come donne e uomini nuovi già in questa vita, perché è dalla comunità che nasce il bello e la forza di vivere. Grazie Elvis, grazie Martin.

Diego (Gigo)


(Diego è un caro amico, con lui abbiamo lavorato sulle strade di Milano, è un frate Comboniano, ora è in Zambia dove stà facendo il noviziato per diventare missionario, noi laici, lui credente, ma un grande affetto ci unisce, certe volte la sua fede fa riflettere e aiuta )

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