martedì 26 maggio 2009

Nigeria, il delta è in fiamme

Nuovi scontri tra forze di sicurezza e ribelli nella regione petrolifera, almeno cento morti e migliaia di sfollati.

Almeno cento morti e migliaia, forse addirittura diecimila, sfollati. E' questo il bilancio, stando alle testimonianze di operatori umanitari e civili, dell'offensiva lanciata a metà maggio dalla Joint Task Force (Jtf) nigeriana, composta di elementi di esercito, marina, aviazione e polizia, contro i militanti del Movement for the Emancipation of the Niger Delta (Mend) nella zona di Gbramatu, nello stato meridionale del Delta. Un'operazione a cui i ribelli hanno risposto dichiarando una "guerra a tutto campo", le cui principali vittime rischiano di essere i civili.

I più fortunati, quasi tutti donne e bambini, sono riusciti a raggiungere la città di Warri e a chiedere aiuto. Ma la maggior parte dei civili provenienti dai villaggi di Oporoza e Okerenkoko, colpiti dai raid aerei e terresti delle forze di sicurezza nigeriane, sarebbe ancora rifugiata nelle foreste di mangrovie che coprono l'area, senza alcuna possibilità di ricevere assistenza da parte della Croce Rossa o delle altre organizzazioni umanitarie.

La Jtf ha giustificato il lancio dell'offensiva (a séguito della quale 12 soldati risultano dispersi) con a una presunta imboscata a una pattuglia lanciata dai ribelli, che però smentiscono la versione dei fatti, parlando di un attacco ingiustificato contro i civili.

In un comunicato inviato a PeaceReporter, il Joint Revolutionary Council (Jcr), che comprende alcuni tra i maggiori gruppi ribelli operanti nella zona, promette all'esercito una campagna "occhio per occhio", in cui gli attacchi ai civili saranno "vendicati" e in cui qualsiasi membro delle forze di sicurezza colto a non rispettare le regole di ingaggio verso i civili verrà "giustiziato
sommariamente".
Ma secondo gli operatori umanitari, il rischio maggiore è che, come successo in passato, siano i civili a dover pagare le conseguenze di questa nuova ondata di violenze nel Delta. Le testimonianze parlano di migliaia di persone costrette a fuggire dal teatro delle violenze, con almeno cento persone morte nell'operazione ma dalla zona, impossibile da raggiungere al momento a causa degli scontri, non arrivano notizie provenienti da fonti indipendenti.

Come sembrano lontani i tempi in cui il presidente nigeriano Amaru Yar'Adua, appena dopo la sua elezione, apriva ai ribelli del Delta, facendo sperare in un processo di pace che facesse uscire la regione dalla guerra civile scoppiata alla fine degli anni Novanta, e riesplosa a varie ondate. I ribelli, che chiedono maggiori risorse provenienti dallo sfruttamento petrolifero e più diritti per le popolazioni locali, hanno impegnato severamente le forze di sicurezza nigeriane in questi anni, costringendo il Paese a tagliare del 20% circa la produzione petrolifera.

Dal canto suo, il governo accusa i ribelli di essere semplici organizzazioni criminali, dedite al contrabbando di oro nero e interessate solamente a stabilire dei propri "feudi" nella regione. A più di dieci anni dall'esplosione delle prime violenze, la pace nel Delta rimane un'utopia.

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