martedì 28 ottobre 2008

da Genova alle barbone


Mi ha colpito la manifestazione a Genova organizzata dall'associazione della Pia Grove per i diritti delle prostitute. Ideologicamente sono distantissimo dalla Grove, lei parte dalla presunzione che la prostituzione sia un diritto io che essenzialmente sia un problema di riduzione in schiavitù. Non sono e non mi sento un bacchettone (a che titolo poi? anch'io sono stato cliente), se una donna o un uomo vogliono liberamente e consapevolmente vendersi sono affari loro, fa parte delle libertà individuali inalienabili, ma il problema è quel "liberamente e consapevolmente". Quante donne si vendono liberamente e consapevolmente? Le cinesi? Considerate oggetti e merce schiavizzate dai loro stessi connazionali, le rumene? Rapite, e ammazzate di botte? Le nigeriane asservite e schiavizzate con la violenza e il ricatto? Insomma: quante sono le prostitute libere e consapevoli? l'1, il 2%? Le libere e consapevoli lavorano in appartamento, in locali referenziati, organizzate in agenzie patinate e di lusso mica per strada. Sulla strada, quelle che noi vediamo, sono le schiave e dovremmo ragionare in termini di liberazione non di repressione come fa la verginella Carfagna che dichiara che chi vende il proprio corpo gli fa orrore.


Una piccola polemica: conosco bene, molto bene, l'ambiente, più che prostitute, quelle di Genova, mi sembravano maman che proteggevano il loro mercato.


Il ruolo del cliente nella nostra filosofia: il cliente è l'unico contatto che una schiava ha, lei vive in un mondo a parte, il cliente è il suo mondo, la finestra da cui può vedere, o crede di vedere, ciò che la circonda. E cosa vede? Un mondo di pazzi, di psicopatici, di violenti, di stupratori ma ... anche di persone sensibili, problematiche, miti, deluse dalla vita, da relazioni sbagliate e altro ancora, ma che arrivano a porsi dei perchè. Certo, è solo una parte, e noi pensiamo che sia maggioritaria, ed è su di loro che noi puntiamo. Il cliente risorsa, il cliente che diventa attivo per la loro liberazione, il cliente che diventa un'arma contro la schiavitù.


Non è semplice, occorrono mesi di incontri, di discussioni, di confronto serrato, il loro atteggiamento cambia, diventano amici della ragazza prostituta, devono conquistare la loro fiducia, occorrono mesi anche per questo. Quando il lavoro riesce i risultati sono fantastici, è la ragazza, che non si sente più sola, a chiedere l'uscita, ad accettare di rischiare la fuga, entrare in comunità, cercare di costruirsi una vita vera.


Per ogni ragazza che esce ci vogliono mesi di lavoro a volte anni, mi fanno tenerezza i gruppi delle Sante Organizzazioni, escono sulla strada due volte al mese: mediatore culturale, psicologo, assistente sociale ... il meglio delle specializzazioni sociali, parlano con le ragazze e si stupiscono che queste non corrono nelle loro strutture, non capiscono perchè non vogliono liberarsi, sarebbe semplice, basterebbe che salgano in macchina con loro e che facciano una denuncina, già! Ma forse quel mediatore culturale non ha mai preso due coltellate oppure non ha mai visto bruciare la sua casa con dentro padre e madre. E così scatta il mercato, bisogna pure riempire i posti altrimenti si asciuga la mammella dei finanziamenti pubblici, i carabinieri fanno la retata e pongono l'ultimatum: espulsione o comunità, ovvio: comunità. E poi si lamentano che le prostitute/schiave non vogliono uscire dal giro, anzi, scappano alla prima occasione.


Stiamo divagando, ma su questo argomento conto di ritornare.


C'è un altro argomento che vorrei inserire. Cosa succede a una prostituta dopo i trenta? Nessuno la vuole più, neanche le maman, non rendono il pane che mangiano! Già che succede? Avete notate che crescono le donne di colore che chiedono l'elemosina, oppure che in zone militari crescono esponenzialmente, i soldatini possono spendere anche 10 € a botta, vedere cosa succede a Piacenza, per esempio, per capire. Le vecchie nessuno le vuole, è un problema che ci troveremo ad affrontare a breve, nel giro di una decina di anni le sfigate, quelle che non hanno preso coscenza di se, quelle culturalmente non autosufficenti, quelle che sono fuori di testa per gli stupri e la vita di violenza subita, che ne faremo? Le rimanderemo in Africa come rifiuti speciali non smaltibili in patria? Che mondo infame!


GC


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